Carson: So che Nicktuttipresi ci tiene... Esaminate in diacronia, le forme facete e dicete costituiscono delle varianti arcaiche e letterarie latineggianti – più vicine dal punto di vista etimologico alle forme latine facĭtis/dicĭtis (per l’indicativo presente) e facĭte/dicĭte (per l’imperativo) –, ma ben presto cadute in disuso. A segnalarle come forme desuete, fra i dizionari ottocenteschi, ricordiamo il Tommaseo-Bellini, che registra sia facete (s.v. fare) sia dicete (s.v. dire) accompagnate da crux – simbolo a forma di croce (&dagger😉 usato per indicare parole o accezioni arcaiche –; tuttavia, secondo Tommaseo, dicete sarebbe “la forma più regolare; il contratto [dite] avrebbe a tenersi per sgrammaticatura: ma l’uso vuole altrimenti. In Sicilia vive”. Fra i vocabolari dell’uso contemporaneo, lo Zingarelli 2019 (ed edizioni successive) censisce facete, all’interno della sezione morfologica di fare, come forma arcaica (segnalata da una crux) della seconda persona plurale dell’indicativo presente. Sul piano sincronico, invece, l’uso di facete e dicete – non così infrequente – è determinato da condizioni diverse (che possono sommarsi fra loro e non escludersi): una “paradigmatica” (determinata dall’analogia con altre forme all’interno della coniugazione), una “geografico-dialettale” (concernente l’influsso di dialetti centromeridionali) e, infine, una “sociolinguistica” (relativa al grado di istruzione dei parlanti).
Riassunto del pippone: leggi la risposta di Monodose
Esaminate in diacronia, le forme facete e dicete costituiscono delle varianti arcaiche e letterarie latineggianti – più vicine dal punto di vista etimologico alle forme latine facĭtis/dicĭtis (per l’indicativo presente) e facĭte/dicĭte (per l’imperativo) –, ma ben presto cadute in disuso. A segnalarle come forme desuete, fra i dizionari ottocenteschi, ricordiamo il Tommaseo-Bellini, che registra sia facete (s.v. fare) sia dicete (s.v. dire) accompagnate da crux – simbolo a forma di croce (&dagger😉 usato per indicare parole o accezioni arcaiche –; tuttavia, secondo Tommaseo, dicete sarebbe “la forma più regolare; il contratto [dite] avrebbe a tenersi per sgrammaticatura: ma l’uso vuole altrimenti. In Sicilia vive”. Fra i vocabolari dell’uso contemporaneo, lo Zingarelli 2019 (ed edizioni successive) censisce facete, all’interno della sezione morfologica di fare, come forma arcaica (segnalata da una crux) della seconda persona plurale dell’indicativo presente.
Sul piano sincronico, invece, l’uso di facete e dicete – non così infrequente – è determinato da condizioni diverse (che possono sommarsi fra loro e non escludersi): una “paradigmatica” (determinata dall’analogia con altre forme all’interno della coniugazione), una “geografico-dialettale” (concernente l’influsso di dialetti centromeridionali) e, infine, una “sociolinguistica” (relativa al grado di istruzione dei parlanti).
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