Perla di Saggezza
18 Giugno - 7.460 visualizzazioni
“PAOLO E FRANCESCO...”
———————————-
“Francesco... Francesco... suvvia, ‘odesta ‘osa nun cambia nulla fra di noi!
Tu sei sempre e per sempre resterai i' mi grande amico.
O grullo... adesso basta piange'... dai asciuga ‘odeste lacrime... lo sai ‘osa la si fa ora?
Tu stasera vie' a dormi' a ‘asa mia a Prato.
La mi' mamma ha preparato i pici co' i funghi...
e io e te li si mangia tutti e poi, domani col mi babbo, ti si riporta bello e sazio a Narnali”.
Ecco... più o meno furono quelle le parole che si dissero due ragazzini della campagna toscana circa sessant'anni fa.
Entrambi avevano tanti sogni in testa e qualche piccola delusione molto più a portata di mano.
Ma questa cosa, in fondo, accade in ogni angolo del mondo ai bambini che si affacciano per la prima volta sul palcoscenico della vita.
La differenza in quel caso fu che quei due ragazzini avevano qualcosa di speciale dentro.
Erano allegri e vivaci come i toscani furbi di una volta, quelli capaci di mandar via la malinconia con la voglia di vivere tutti i santi giorni che il Padre Eterno donava loro, proprio come se non avessero nessun'altra preoccupazione tranne quella di godere della dolcezza delle colline della loro terra.
E poi non erano così lontane Narnali e Prato.
Solo pochi chilometri, anzi, solo qualche centinaio di cipressi verso la periferia e già si era arrivati a destinazione.
“Ecco” - disse Francesco a Vittorio, il padre del suo amico Paolo - “Quella è la bottega del mi' babbo... il barbiere di Narnali.
Ora la si scende tutti e ve lo fo' conosce'.”
Dio mio quanto tempo si è posato su queste parole!
Due bambini della stessa città, nel 1966, andarono a sostenere un provino calcistico a Coverciano.
Com'era grande e bella Firenze dentro i loro occhi, incuteva paura e rispetto.
“Voi due siete entrambi di Prato?
Bene, allora stasera dormirete insieme nella stessa stanza.
Domani colazione alle otto e poi la si va tutto ‘n campo!”
Il giorno dopo Francesco gioca da centrocampista mentre Paolo lo mettono in attacco.
Non è poi così male Francesco... ma Paolo obiettivamente ha qualcosa in più.
Lo si vede quando tocca il pallone, è come se la sfera di cuoio sia innamorata di lui.
E lei che cerca, che si fa accarezzare dai suoi piedi e che fa quello sempre che vuole lui, specialmente i gol.
Fu così che in silenzio cadono le lacrime sulle guance di Francesco ma lui riesce confonderle con le gocce di sudore.
“Paolo... bisogna dire sempre la verità: io non sarò mai forte come te.
Meglio che cambi i miei sogni...”
E così passano dieci anni.
Paolo, sempre più velocemente diventa “Paolo Rossi”, fa vincere a suon di gol un campionato di Serie B al Lanerossi Vicenza, doveva essere scritto nelle stelle per uno che viene da Prato.
Poi, per un soffio non si ripete anche l'anno dopo in Serie A, sfiora lo scudetto e vola diritto in Argentina dove diventa “Pablito”.
Francesco, invece, inizia a far teatro nella provincia Toscana.
È bravo, ha gli occhi dolci e un accattivante accento aspirato che, dicono, sia un'eredità etrusca della sua gente.
Paolo e Francesco però si rivedono ogni tanto e sempre con grande affetto.
Qualche volta vanno anche a mangiare qualcosa insieme... forse proprio “pici con i funghi”, come quelli che cucinò per loro tanto tempo prima Amelia, la mamma di Paolo.
Ma la vita cambia: lentamente la parabola del successo di Paolo si avviò nella fase calante mentre quella di Francesco decollò, fino a farlo diventare un fenomeno del costume italiano.
Da “Tutta colpa del Paradiso” a “Caruso Pascoski”, dalle braccia generose di Ornella Muti a quelle di Clarissa Burt.
Francesco, però, sempre più viziato dagli effetti della sua popolarità, comincia a confondere la vita reale con i personaggi che interpreta sul set.
I risultati sono devastanti: Nuti diventa alcolista, la sua vena creativa si esaurisce e lui tenta per due volte il suicidio.
Poi, nel 2005, accade un incidente domestico (ma molti non credono a questa storia) e Francesco ha un ictus cerebrale, perde l'uso della parola e non si riprenderà mai più!”
Scende così un velo di silenzio sulle vite di quei due antichi bambini.
Un velo che viene squarciato solo dalla morte di Paolo Rossi il 9 dicembre del 2020.
Ma la vita, come ho già scritto tante altre volte, è un'avventura incredibile, drammatica e meravigliosa.
Qualche mese prima che calciatore si aggravasse il regista Enio Drovandi, lo va a trovare perché vuole realizzare un docufilm su Francesco Nuti.
Paolo Rossi accetta e in cambio non vuole nulla, neanche un centesimo, proprio come fanno tutti gli altri attori.
Il regista ha una grande idea: immagina che Francesco Nuti passi in qualche modo la palla a Paolo e siccome ha visto tutti i suoi film recupera le immagini della sforbiciata che chiude “Tutta colpa del paradiso”, il suo primo film di successo.
E così Francesco colpisce perfettamente la palla, che arriva dai piedi magici di Paolo.
E Paolo, con la stessa maglia numero 20 della Nazionale Campione del mondo 1982, segna il primo gol alla Germania nella magica ed irripetibile notte del Santiago Bernabeu di Madrid.
Pensate: è l'ultimo gol dell' esistenza di Paolo Rossi segnato con la maglia da campione del mondo su assist di un suo vecchio amico d'infanzia che di nome fa Francesco Nuti... e quel passaggio era partito molto tempo prima, nel 1966, superando ogni umana barriera temporale!
Com'è strana la vita, quasi profetica a volte, proprio come le parole di quella canzone che Nuti cantò a Sanremo nel 1987 e che lo accompagnò in chiesa il giorno del suo funerale lo scorso anno.
Un velo di tristezza prende tutti noi che abbiamo amato quei due antichi ragazzi… viene quasi voglia di cantarle quelle parole bellissime:
Sì... ma adesso, per favore,
Paolo e Francesco venite fuori
che io mica vi conosco...
oppure, aspettate, è ancora presto,
di tempo ne abbiamo ancora,
forse tutta l'eternità.
- Mario CANTORESI -
———————————————-
“SARÀ PER TE”
E se il tempo passa... sarà per te.
E se non è mai presto, sarà per te.
Se ho sbagliato e ho riprovato...
sarà per te!
Se quando sono sola
ho paura a star con te.
E se qualcosa resta, sarà per te.
E se un sogno resta, sarà per te.
Se adesso sto cercando
di capirti fino in fondo
e non mi accorgo che rimango
troppo sola in mezzo al mondo.
Ma quando son serena...
io non posso fare a meno di pensare:
“mamma mia, che fortuna che ci sia".
Sarà, sarà, sarà, sarà per te!
Tutto quello che è stato sarà per te.
Ma adesso vieni fuori
che io mica ti conosco
o, forse, lascia stare,
che mi sembra ancora presto.
- F. NUTI -“PAOLO E FRANCESCO...”
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“Francesco... Francesco... suvvia, ‘odesta ‘osa nun cambia nulla fra di noi!
Tu sei sempre e per sempre resterai i' mi grande amico.
O grullo... adesso basta piange'... dai asciuga ‘odeste lacrime... lo sai ‘osa la si fa ora?
Tu stasera vie' a dormi' a ‘asa mia a Prato.
La mi' mamma ha preparato i pici co' i funghi...
e io e te li si mangia tutti e poi, domani col mi babbo, ti si riporta bello e sazio a Narnali”.
Ecco... più o meno furono quelle le parole che si dissero due ragazzini della campagna toscana circa sessant'anni fa.
Entrambi avevano tanti sogni in testa e qualche piccola delusione molto più a portata di mano.
Ma questa cosa, in fondo, accade in ogni angolo del mondo ai bambini che si affacciano per la prima volta sul palcoscenico della vita.
La differenza in quel caso fu che quei due ragazzini avevano qualcosa di speciale dentro.
Erano allegri e vivaci come i toscani furbi di una volta, quelli capaci di mandar via la malinconia con la voglia di vivere tutti i santi giorni che il Padre Eterno donava loro, proprio come se non avessero nessun'altra preoccupazione tranne quella di godere della dolcezza delle colline della loro terra.
E poi non erano così lontane Narnali e Prato.
Solo pochi chilometri, anzi, solo qualche centinaio di cipressi verso la periferia e già si era arrivati a destinazione.
“Ecco” - disse Francesco a Vittorio, il padre del suo amico Paolo - “Quella è la bottega del mi' babbo... il barbiere di Narnali.
Ora la si scende tutti e ve lo fo' conosce'.”
Dio mio quanto tempo si è posato su queste parole!
Due bambini della stessa città, nel 1966, andarono a sostenere un provino calcistico a Coverciano.
Com'era grande e bella Firenze dentro i loro occhi, incuteva paura e rispetto.
“Voi due siete entrambi di Prato?
Bene, allora stasera dormirete insieme nella stessa stanza.
Domani colazione alle otto e poi la si va tutto ‘n campo!”
Il giorno dopo Francesco gioca da centrocampista mentre Paolo lo mettono in attacco.
Non è poi così male Francesco... ma Paolo obiettivamente ha qualcosa in più.
Lo si vede quando tocca il pallone, è come se la sfera di cuoio sia innamorata di lui.
E lei che cerca, che si fa accarezzare dai suoi piedi e che fa quello sempre che vuole lui, specialmente i gol.
Fu così che in silenzio cadono le lacrime sulle guance di Francesco ma lui riesce confonderle con le gocce di sudore.
“Paolo... bisogna dire sempre la verità: io non sarò mai forte come te.
Meglio che cambi i miei sogni...”
E così passano dieci anni.
Paolo, sempre più velocemente diventa “Paolo Rossi”, fa vincere a suon di gol un campionato di Serie B al Lanerossi Vicenza, doveva essere scritto nelle stelle per uno che viene da Prato.
Poi, per un soffio non si ripete anche l'anno dopo in Serie A, sfiora lo scudetto e vola diritto in Argentina dove diventa “Pablito”.
Francesco, invece, inizia a far teatro nella provincia Toscana.
È bravo, ha gli occhi dolci e un accattivante accento aspirato che, dicono, sia un'eredità etrusca della sua gente.
Paolo e Francesco però si rivedono ogni tanto e sempre con grande affetto.
Qualche volta vanno anche a mangiare qualcosa insieme... forse proprio “pici con i funghi”, come quelli che cucinò per loro tanto tempo prima Amelia, la mamma di Paolo.
Ma la vita cambia: lentamente la parabola del successo di Paolo si avviò nella fase calante mentre quella di Francesco decollò, fino a farlo diventare un fenomeno del costume italiano.
Da “Tutta colpa del Paradiso” a “Caruso Pascoski”, dalle braccia generose di Ornella Muti a quelle di Clarissa Burt.
Francesco, però, sempre più viziato dagli effetti della sua popolarità, comincia a confondere la vita reale con i personaggi che interpreta sul set.
I risultati sono devastanti: Nuti diventa alcolista, la sua vena creativa si esaurisce e lui tenta per due volte il suicidio.
Poi, nel 2005, accade un incidente domestico (ma molti non credono a questa storia) e Francesco ha un ictus cerebrale, perde l'uso della parola e non si riprenderà mai più!”
Scende così un velo di silenzio sulle vite di quei due antichi bambini.
Un velo che viene squarciato solo dalla morte di Paolo Rossi il 9 dicembre del 2020.
Ma la vita, come ho già scritto tante altre volte, è un'avventura incredibile, drammatica e meravigliosa.
Qualche mese prima che calciatore si aggravasse il regista Enio Drovandi, lo va a trovare perché vuole realizzare un docufilm su Francesco Nuti.
Paolo Rossi accetta e in cambio non vuole nulla, neanche un centesimo, proprio come fanno tutti gli altri attori.
Il regista ha una grande idea: immagina che Francesco Nuti passi in qualche modo la palla a Paolo e siccome ha visto tutti i suoi film recupera le immagini della sforbiciata che chiude “Tutta colpa del paradiso”, il suo primo film di successo.
E così Francesco colpisce perfettamente la palla, che arriva dai piedi magici di Paolo.
E Paolo, con la stessa maglia numero 20 della Nazionale Campione del mondo 1982, segna il primo gol alla Germania nella magica ed irripetibile notte del Santiago Bernabeu di Madrid.
Pensate: è l'ultimo gol dell' esistenza di Paolo Rossi segnato con la maglia da campione del mondo su assist di un suo vecchio amico d'infanzia che di nome fa Francesco Nuti... e quel passaggio era partito molto tempo prima, nel 1966, superando ogni umana barriera temporale!
Com'è strana la vita, quasi profetica a volte, proprio come le parole di quella canzone che Nuti cantò a Sanremo nel 1987 e che lo accompagnò in chiesa il giorno del suo funerale lo scorso anno.
Un velo di tristezza prende tutti noi che abbiamo amato quei due antichi ragazzi… viene quasi voglia di cantarle quelle parole bellissime:
Sì... ma adesso, per favore,
Paolo e Francesco venite fuori
che io mica vi conosco...
oppure, aspettate, è ancora presto,
di tempo ne abbiamo ancora,
forse tutta l'eternità.
- Mario CANTORESI -
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“SARÀ PER TE”
E se il tempo passa... sarà per te.
E se non è mai presto, sarà per te.
Se ho sbagliato e ho riprovato...
sarà per te!
Se quando sono sola
ho paura a star con te.
E se qualcosa resta, sarà per te.
E se un sogno resta, sarà per te.
Se adesso sto cercando
di capirti fino in fondo
e non mi accorgo che rimango
troppo sola in mezzo al mondo.
Ma quando son serena...
io non posso fare a meno di pensare:
“mamma mia, che fortuna che ci sia".
Sarà, sarà, sarà, sarà per te!
Tutto quello che è stato sarà per te.
Ma adesso vieni fuori
che io mica ti conosco
o, forse, lascia stare,
che mi sembra ancora presto.
- F. NUTI -
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“Francesco... Francesco... suvvia, ‘odesta ‘osa nun cambia nulla fra di noi!
Tu sei sempre e per sempre resterai i' mi grande amico.
O grullo... adesso basta piange'... dai asciuga ‘odeste lacrime... lo sai ‘osa la si fa ora?
Tu stasera vie' a dormi' a ‘asa mia a Prato.
La mi' mamma ha preparato i pici co' i funghi...
e io e te li si mangia tutti e poi, domani col mi babbo, ti si riporta bello e sazio a Narnali”.
Ecco... più o meno furono quelle le parole che si dissero due ragazzini della campagna toscana circa sessant'anni fa.
Entrambi avevano tanti sogni in testa e qualche piccola delusione molto più a portata di mano.
Ma questa cosa, in fondo, accade in ogni angolo del mondo ai bambini che si affacciano per la prima volta sul palcoscenico della vita.
La differenza in quel caso fu che quei due ragazzini avevano qualcosa di speciale dentro.
Erano allegri e vivaci come i toscani furbi di una volta, quelli capaci di mandar via la malinconia con la voglia di vivere tutti i santi giorni che il Padre Eterno donava loro, proprio come se non avessero nessun'altra preoccupazione tranne quella di godere della dolcezza delle colline della loro terra.
E poi non erano così lontane Narnali e Prato.
Solo pochi chilometri, anzi, solo qualche centinaio di cipressi verso la periferia e già si era arrivati a destinazione.
“Ecco” - disse Francesco a Vittorio, il padre del suo amico Paolo - “Quella è la bottega del mi' babbo... il barbiere di Narnali.
Ora la si scende tutti e ve lo fo' conosce'.”
Dio mio quanto tempo si è posato su queste parole!
Due bambini della stessa città, nel 1966, andarono a sostenere un provino calcistico a Coverciano.
Com'era grande e bella Firenze dentro i loro occhi, incuteva paura e rispetto.
“Voi due siete entrambi di Prato?
Bene, allora stasera dormirete insieme nella stessa stanza.
Domani colazione alle otto e poi la si va tutto ‘n campo!”
Il giorno dopo Francesco gioca da centrocampista mentre Paolo lo mettono in attacco.
Non è poi così male Francesco... ma Paolo obiettivamente ha qualcosa in più.
Lo si vede quando tocca il pallone, è come se la sfera di cuoio sia innamorata di lui.
E lei che cerca, che si fa accarezzare dai suoi piedi e che fa quello sempre che vuole lui, specialmente i gol.
Fu così che in silenzio cadono le lacrime sulle guance di Francesco ma lui riesce confonderle con le gocce di sudore.
“Paolo... bisogna dire sempre la verità: io non sarò mai forte come te.
Meglio che cambi i miei sogni...”
E così passano dieci anni.
Paolo, sempre più velocemente diventa “Paolo Rossi”, fa vincere a suon di gol un campionato di Serie B al Lanerossi Vicenza, doveva essere scritto nelle stelle per uno che viene da Prato.
Poi, per un soffio non si ripete anche l'anno dopo in Serie A, sfiora lo scudetto e vola diritto in Argentina dove diventa “Pablito”.
Francesco, invece, inizia a far teatro nella provincia Toscana.
È bravo, ha gli occhi dolci e un accattivante accento aspirato che, dicono, sia un'eredità etrusca della sua gente.
Paolo e Francesco però si rivedono ogni tanto e sempre con grande affetto.
Qualche volta vanno anche a mangiare qualcosa insieme... forse proprio “pici con i funghi”, come quelli che cucinò per loro tanto tempo prima Amelia, la mamma di Paolo.
Ma la vita cambia: lentamente la parabola del successo di Paolo si avviò nella fase calante mentre quella di Francesco decollò, fino a farlo diventare un fenomeno del costume italiano.
Da “Tutta colpa del Paradiso” a “Caruso Pascoski”, dalle braccia generose di Ornella Muti a quelle di Clarissa Burt.
Francesco, però, sempre più viziato dagli effetti della sua popolarità, comincia a confondere la vita reale con i personaggi che interpreta sul set.
I risultati sono devastanti: Nuti diventa alcolista, la sua vena creativa si esaurisce e lui tenta per due volte il suicidio.
Poi, nel 2005, accade un incidente domestico (ma molti non credono a questa storia) e Francesco ha un ictus cerebrale, perde l'uso della parola e non si riprenderà mai più!”
Scende così un velo di silenzio sulle vite di quei due antichi bambini.
Un velo che viene squarciato solo dalla morte di Paolo Rossi il 9 dicembre del 2020.
Ma la vita, come ho già scritto tante altre volte, è un'avventura incredibile, drammatica e meravigliosa.
Qualche mese prima che calciatore si aggravasse il regista Enio Drovandi, lo va a trovare perché vuole realizzare un docufilm su Francesco Nuti.
Paolo Rossi accetta e in cambio non vuole nulla, neanche un centesimo, proprio come fanno tutti gli altri attori.
Il regista ha una grande idea: immagina che Francesco Nuti passi in qualche modo la palla a Paolo e siccome ha visto tutti i suoi film recupera le immagini della sforbiciata che chiude “Tutta colpa del paradiso”, il suo primo film di successo.
E così Francesco colpisce perfettamente la palla, che arriva dai piedi magici di Paolo.
E Paolo, con la stessa maglia numero 20 della Nazionale Campione del mondo 1982, segna il primo gol alla Germania nella magica ed irripetibile notte del Santiago Bernabeu di Madrid.
Pensate: è l'ultimo gol dell' esistenza di Paolo Rossi segnato con la maglia da campione del mondo su assist di un suo vecchio amico d'infanzia che di nome fa Francesco Nuti... e quel passaggio era partito molto tempo prima, nel 1966, superando ogni umana barriera temporale!
Com'è strana la vita, quasi profetica a volte, proprio come le parole di quella canzone che Nuti cantò a Sanremo nel 1987 e che lo accompagnò in chiesa il giorno del suo funerale lo scorso anno.
Un velo di tristezza prende tutti noi che abbiamo amato quei due antichi ragazzi… viene quasi voglia di cantarle quelle parole bellissime:
Sì... ma adesso, per favore,
Paolo e Francesco venite fuori
che io mica vi conosco...
oppure, aspettate, è ancora presto,
di tempo ne abbiamo ancora,
forse tutta l'eternità.
- Mario CANTORESI -
———————————————-
“SARÀ PER TE”
E se il tempo passa... sarà per te.
E se non è mai presto, sarà per te.
Se ho sbagliato e ho riprovato...
sarà per te!
Se quando sono sola
ho paura a star con te.
E se qualcosa resta, sarà per te.
E se un sogno resta, sarà per te.
Se adesso sto cercando
di capirti fino in fondo
e non mi accorgo che rimango
troppo sola in mezzo al mondo.
Ma quando son serena...
io non posso fare a meno di pensare:
“mamma mia, che fortuna che ci sia".
Sarà, sarà, sarà, sarà per te!
Tutto quello che è stato sarà per te.
Ma adesso vieni fuori
che io mica ti conosco
o, forse, lascia stare,
che mi sembra ancora presto.
- F. NUTI -“PAOLO E FRANCESCO...”
———————————-
“Francesco... Francesco... suvvia, ‘odesta ‘osa nun cambia nulla fra di noi!
Tu sei sempre e per sempre resterai i' mi grande amico.
O grullo... adesso basta piange'... dai asciuga ‘odeste lacrime... lo sai ‘osa la si fa ora?
Tu stasera vie' a dormi' a ‘asa mia a Prato.
La mi' mamma ha preparato i pici co' i funghi...
e io e te li si mangia tutti e poi, domani col mi babbo, ti si riporta bello e sazio a Narnali”.
Ecco... più o meno furono quelle le parole che si dissero due ragazzini della campagna toscana circa sessant'anni fa.
Entrambi avevano tanti sogni in testa e qualche piccola delusione molto più a portata di mano.
Ma questa cosa, in fondo, accade in ogni angolo del mondo ai bambini che si affacciano per la prima volta sul palcoscenico della vita.
La differenza in quel caso fu che quei due ragazzini avevano qualcosa di speciale dentro.
Erano allegri e vivaci come i toscani furbi di una volta, quelli capaci di mandar via la malinconia con la voglia di vivere tutti i santi giorni che il Padre Eterno donava loro, proprio come se non avessero nessun'altra preoccupazione tranne quella di godere della dolcezza delle colline della loro terra.
E poi non erano così lontane Narnali e Prato.
Solo pochi chilometri, anzi, solo qualche centinaio di cipressi verso la periferia e già si era arrivati a destinazione.
“Ecco” - disse Francesco a Vittorio, il padre del suo amico Paolo - “Quella è la bottega del mi' babbo... il barbiere di Narnali.
Ora la si scende tutti e ve lo fo' conosce'.”
Dio mio quanto tempo si è posato su queste parole!
Due bambini della stessa città, nel 1966, andarono a sostenere un provino calcistico a Coverciano.
Com'era grande e bella Firenze dentro i loro occhi, incuteva paura e rispetto.
“Voi due siete entrambi di Prato?
Bene, allora stasera dormirete insieme nella stessa stanza.
Domani colazione alle otto e poi la si va tutto ‘n campo!”
Il giorno dopo Francesco gioca da centrocampista mentre Paolo lo mettono in attacco.
Non è poi così male Francesco... ma Paolo obiettivamente ha qualcosa in più.
Lo si vede quando tocca il pallone, è come se la sfera di cuoio sia innamorata di lui.
E lei che cerca, che si fa accarezzare dai suoi piedi e che fa quello sempre che vuole lui, specialmente i gol.
Fu così che in silenzio cadono le lacrime sulle guance di Francesco ma lui riesce confonderle con le gocce di sudore.
“Paolo... bisogna dire sempre la verità: io non sarò mai forte come te.
Meglio che cambi i miei sogni...”
E così passano dieci anni.
Paolo, sempre più velocemente diventa “Paolo Rossi”, fa vincere a suon di gol un campionato di Serie B al Lanerossi Vicenza, doveva essere scritto nelle stelle per uno che viene da Prato.
Poi, per un soffio non si ripete anche l'anno dopo in Serie A, sfiora lo scudetto e vola diritto in Argentina dove diventa “Pablito”.
Francesco, invece, inizia a far teatro nella provincia Toscana.
È bravo, ha gli occhi dolci e un accattivante accento aspirato che, dicono, sia un'eredità etrusca della sua gente.
Paolo e Francesco però si rivedono ogni tanto e sempre con grande affetto.
Qualche volta vanno anche a mangiare qualcosa insieme... forse proprio “pici con i funghi”, come quelli che cucinò per loro tanto tempo prima Amelia, la mamma di Paolo.
Ma la vita cambia: lentamente la parabola del successo di Paolo si avviò nella fase calante mentre quella di Francesco decollò, fino a farlo diventare un fenomeno del costume italiano.
Da “Tutta colpa del Paradiso” a “Caruso Pascoski”, dalle braccia generose di Ornella Muti a quelle di Clarissa Burt.
Francesco, però, sempre più viziato dagli effetti della sua popolarità, comincia a confondere la vita reale con i personaggi che interpreta sul set.
I risultati sono devastanti: Nuti diventa alcolista, la sua vena creativa si esaurisce e lui tenta per due volte il suicidio.
Poi, nel 2005, accade un incidente domestico (ma molti non credono a questa storia) e Francesco ha un ictus cerebrale, perde l'uso della parola e non si riprenderà mai più!”
Scende così un velo di silenzio sulle vite di quei due antichi bambini.
Un velo che viene squarciato solo dalla morte di Paolo Rossi il 9 dicembre del 2020.
Ma la vita, come ho già scritto tante altre volte, è un'avventura incredibile, drammatica e meravigliosa.
Qualche mese prima che calciatore si aggravasse il regista Enio Drovandi, lo va a trovare perché vuole realizzare un docufilm su Francesco Nuti.
Paolo Rossi accetta e in cambio non vuole nulla, neanche un centesimo, proprio come fanno tutti gli altri attori.
Il regista ha una grande idea: immagina che Francesco Nuti passi in qualche modo la palla a Paolo e siccome ha visto tutti i suoi film recupera le immagini della sforbiciata che chiude “Tutta colpa del paradiso”, il suo primo film di successo.
E così Francesco colpisce perfettamente la palla, che arriva dai piedi magici di Paolo.
E Paolo, con la stessa maglia numero 20 della Nazionale Campione del mondo 1982, segna il primo gol alla Germania nella magica ed irripetibile notte del Santiago Bernabeu di Madrid.
Pensate: è l'ultimo gol dell' esistenza di Paolo Rossi segnato con la maglia da campione del mondo su assist di un suo vecchio amico d'infanzia che di nome fa Francesco Nuti... e quel passaggio era partito molto tempo prima, nel 1966, superando ogni umana barriera temporale!
Com'è strana la vita, quasi profetica a volte, proprio come le parole di quella canzone che Nuti cantò a Sanremo nel 1987 e che lo accompagnò in chiesa il giorno del suo funerale lo scorso anno.
Un velo di tristezza prende tutti noi che abbiamo amato quei due antichi ragazzi… viene quasi voglia di cantarle quelle parole bellissime:
Sì... ma adesso, per favore,
Paolo e Francesco venite fuori
che io mica vi conosco...
oppure, aspettate, è ancora presto,
di tempo ne abbiamo ancora,
forse tutta l'eternità.
- Mario CANTORESI -
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“SARÀ PER TE”
E se il tempo passa... sarà per te.
E se non è mai presto, sarà per te.
Se ho sbagliato e ho riprovato...
sarà per te!
Se quando sono sola
ho paura a star con te.
E se qualcosa resta, sarà per te.
E se un sogno resta, sarà per te.
Se adesso sto cercando
di capirti fino in fondo
e non mi accorgo che rimango
troppo sola in mezzo al mondo.
Ma quando son serena...
io non posso fare a meno di pensare:
“mamma mia, che fortuna che ci sia".
Sarà, sarà, sarà, sarà per te!
Tutto quello che è stato sarà per te.
Ma adesso vieni fuori
che io mica ti conosco
o, forse, lascia stare,
che mi sembra ancora presto.
- F. NUTI -
Leggi tutto...
...ho pensato va bene sottolineare il concetto ...ma usiamo parole diverse no??? 🤣🤣🤣