Chiacchiera
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15 Giugno - 3.760 visualizzazioni
E' già sabato .
Riflessioni di un giornalista che si guarda intorno.
Di Luciano Ragno

Vorrei intervistare il vento.

C'è un forte vento fuori dell'albergo sulla pista delle carovane, verso Timbuctù, là dove il Mali si fa abbracciare dal deserto.
Un giovane ha fatto riposare i cammelli e ora sta parlando, da solo, guardando lontano il tramonto. È un taghi, un abitante del deserto. Un “uomo blu”.
Penso che stia pregando. Invece sta parlando al vento. Chiedo: “Cosa le dice il vento?”
E lui: “Parla della mia famiglia, perché questo vento, prima di arrivare qui, ha avvolto la mia casa, ha sentito le voci dei miei figli, da tempo lontani. Ma anche quelle dei mei morti perché il vento va a scavare anche nei ricordi”
E in un giorno di vento forte sono davanti al penitenziario di Alcatraz, a un chilometro di mare da San Francisco. Ora è deserto. Penso alle raffiche di vento che, negli anni, si sono introdotte, attraverso le sbarre, giorno dietro giorno, nelle celle e poi raccontare ai parenti lontani l'angoscia e la disperazione.
E in un giorno di vento caldo sono davanti a Wat Pho , il tempio del Buddha Sdraiato, nel cuore di Bangkok, mentre i monaci pregano. Il vento afferra le invocazioni di pace e le diffonde nel mondo. Il passaparola della speranza.
In quei giorni , raccontando il mondo vedendolo di persona, ho scoperto il vento. Mentre parla.
Perché il vento parla.
Con voce forte quando frusta le onde. Con delicatezza e dolcezza quando accarezza le rose nel campo. Con autorità quando fa inchinare i rami degli alberi. Con discrezione quando vede una coppia che si abbraccia.
Chissà che sta raccontando il vento in quei momenti. Mi piacerebbe intervistarlo nel giorno della sua festa.
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Oggi è la Giornata mondiale del vento.
Immagine di fietzfotos Fonte . Pixabay.
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Vaccata