Gramigno: TRECCANI: La grammatica Italiano di Luca Serianni (cap. XI, par. 122) afferma: «Alcuni verbi sono difettivi del solo participio passato. Ricordiamo: competere, concernere, dirimere, divergere, esimere, incombere, inerire, soccombere, splendere, suggere, transigere».
Va segnalato che il dubbio sul participio passato di splendere sembra diventare un’ossessione per i molti che hanno fatto e fanno circolare in rete il quesito, testimoniando un forte desiderio di conforto grammaticale. Per molti, poi, il fatto di trovare da qualche parte una sia pur parziale conferma dell’esistenza di una forma splenduto (che, dal punto di vista strettamente tecnico, è del tutto regolare), magari data come antiquata o rara o non usata (ma comunque virtualmente esistente o esistita), sembra quasi costituire una sorta di vincita in un gioco di società che preveda una posta molto alta, quasi una remunerativa (per l’Onore e la Grammatica) rivalsa sulla presunzione di un qualche antagonista che, impancatosi a esperto di lingua italiana, neghi l’esistenza del participio passato splenduto. Molto gettonato, in rete, anche l’uso dannunziano di risplenduto (da risplendere, composto di splendere), recuperato nella Canzone per la tomba di Giosue Carducci. Tale uso con quarti di nobiltà letteraria viene brandito come prova decisiva per ammettere la liceità e l’usabilità della forma stessa e anche quella simmetrica del verbo base, splenduto.
Ora, è interessante e pure divertente istituire gare di grammatica, ma, all’atto pratico, dobbiamo considerare che se gli scrittori (e massime un esteta della parola e dei suoni come D’Annunzio) possono concedersi per statuto “professionale” un rilevante grado di libertà espressiva, i parlanti, in situazioni di ordinaria comunicazione, tale libertà è meglio che non se la concedano, semplicemente per non complicare l’interazione comunicativa, cioè non complicare la vita agli interlocutori e a sé stessi. A meno che il parlante non intenda proprio sfidare l’uso comune della lingua, fare il bastian contrario e, alla fine, godere di un l’avevo detto, io!, in realtà molto meno decisivo e probante di quanto vorrebbe che fosse. Se si vuole restare con i piedi per terra, è senz’altro meglio far splendere al passato (anzi, al participio passato) il sole ricorrendo a perifrasi come quella proposta. «Oggi il sole splende come non ha mai fatto prima» va benissimo, è tutto chiaro e nessuno si offende se non si è usato un participio passato che non ha dalla sua il sostegno dell’uso comune.
Va segnalato che il dubbio sul participio passato di splendere sembra diventare un’ossessione per i molti che hanno fatto e fanno circolare in rete il quesito, testimoniando un forte desiderio di conforto grammaticale. Per molti, poi, il fatto di trovare da qualche parte una sia pur parziale conferma dell’esistenza di una forma splenduto (che, dal punto di vista strettamente tecnico, è del tutto regolare), magari data come antiquata o rara o non usata (ma comunque virtualmente esistente o esistita), sembra quasi costituire una sorta di vincita in un gioco di società che preveda una posta molto alta, quasi una remunerativa (per l’Onore e la Grammatica) rivalsa sulla presunzione di un qualche antagonista che, impancatosi a esperto di lingua italiana, neghi l’esistenza del participio passato splenduto. Molto gettonato, in rete, anche l’uso dannunziano di risplenduto (da risplendere, composto di splendere), recuperato nella Canzone per la tomba di Giosue Carducci. Tale uso con quarti di nobiltà letteraria viene brandito come prova decisiva per ammettere la liceità e l’usabilità della forma stessa e anche quella simmetrica del verbo base, splenduto.
Ora, è interessante e pure divertente istituire gare di grammatica, ma, all’atto pratico, dobbiamo considerare che se gli scrittori (e massime un esteta della parola e dei suoni come D’Annunzio) possono concedersi per statuto “professionale” un rilevante grado di libertà espressiva, i parlanti, in situazioni di ordinaria comunicazione, tale libertà è meglio che non se la concedano, semplicemente per non complicare l’interazione comunicativa, cioè non complicare la vita agli interlocutori e a sé stessi. A meno che il parlante non intenda proprio sfidare l’uso comune della lingua, fare il bastian contrario e, alla fine, godere di un l’avevo detto, io!, in realtà molto meno decisivo e probante di quanto vorrebbe che fosse. Se si vuole restare con i piedi per terra, è senz’altro meglio far splendere al passato (anzi, al participio passato) il sole ricorrendo a perifrasi come quella proposta. «Oggi il sole splende come non ha mai fatto prima» va benissimo, è tutto chiaro e nessuno si offende se non si è usato un participio passato che non ha dalla sua il sostegno dell’uso comune.