Chiacchiera
STEF60
19 Luglio 2022 - 4.526 visualizzazioniEra uno molto violento, Mio padre”.
La massacrava di botte mia madre.
Lo ricordo bene, ed è vero certi ricordi tornano limpidi, è come riviverli ogni volta.
Il primo episodio, lo ricordo benissimo.
Avevamo la famiglia di lui a cena, la famiglia Leonardi, cognome che ho odiato con tutto me stesso.
Una tribù patriarcale tanto quanto basta per considerare normale ogni forma di violenza, fisica compresa.
La serata era finita, non ricordo cosa abbia innescato la discussione se tale si possa definire, fatto sta che poche parole urlate da lui, risposte accennate e sottomesse da lei ed in un attimo, una pentola sporca della cena, la prima cosa che si è trovato tra le mani e via, in piena nuca mentre lei cercava di scappare.
Un rumore cupo l'acciaio in testa.
Un tonfo in terra il corpo di lei.
Il rumore della pentola riposta nel lavandino della cucina, la porta della sua camera da letto che si chiudeva su quella che è stata per me parte della fine dell infanzia.
L'ho alzata da terra priva di sensi con tanta fatica, avevo sette anni, e lo ricordo ancora, ricordo tutto.
Ricordo ancora il freddo dell ovatta passata sotto il rubinetto della cucina che usai per rinvenirla,
Ricordo i suoi lamenti di dolore misti ai miei.
Ricordo le sue rassicurazioni ad occhi chiusi quando si è resa conto della mia paura, della mia disperazione.
Una mano che teneva il mio viso, e l'altra che teneva la sua testa stesa sul divano.
Ricordo la sua disperazione.
Ricordo il terrore nei suoi occhi.
Ricordo il terrore nei suoi occhi di tutta la vita vicina ad un uomo violento.
Le ho detto tante volte crescendo, "perché non vai via?"
E la risposta era sempre la stessa, “io lo faccio per voi, chi ci dà da mangiare...infondo, è un bravo uomo”.
Ed io cominciai ad ingrassare, a diventare largo, ingombrante, tanto da impedire alle braccia di mio padre, di farle tante volte del male, ma non riuscivo tutte le volte, ed allora, per non sentire il male, lo facevo a me stesso...perdendomi ogni volta.
“Chissà se stasera toccherà a te o a me”, esordiva verso ora di cena, l'ora in cui tornava.
Tante volte, per evitare di scoprire la risposta, la causavo.
La violenza in casa la respiravi, e non di certo si fermava alle botte.
Oggi sono un uomo, libero anche di non appartenere più a quel dolore.
Oggi, il mio pensiero va a tutte le DONNE, quelle a cui ogni uomo, sentendosene in diritto, ha torto anche un sol pensiero.
Mi rivolgo a voi da figlio di donna maltrattata, da uomo oggi che sa quanto vale un dolore.
Non fatelo per noi figli,
Non fatelo per la carriera,
Non fatelo per apparire,
Fatelo soltanto per Voi,
VI PREGO, ABBIATE IL CORAGGIO DI NON PERMETTERE A NESSUN UOMO DI CALPESTARVI L'ANIMA, VOI SIETE DONNE.
Luigi Leonardi
La massacrava di botte mia madre.
Lo ricordo bene, ed è vero certi ricordi tornano limpidi, è come riviverli ogni volta.
Il primo episodio, lo ricordo benissimo.
Avevamo la famiglia di lui a cena, la famiglia Leonardi, cognome che ho odiato con tutto me stesso.
Una tribù patriarcale tanto quanto basta per considerare normale ogni forma di violenza, fisica compresa.
La serata era finita, non ricordo cosa abbia innescato la discussione se tale si possa definire, fatto sta che poche parole urlate da lui, risposte accennate e sottomesse da lei ed in un attimo, una pentola sporca della cena, la prima cosa che si è trovato tra le mani e via, in piena nuca mentre lei cercava di scappare.
Un rumore cupo l'acciaio in testa.
Un tonfo in terra il corpo di lei.
Il rumore della pentola riposta nel lavandino della cucina, la porta della sua camera da letto che si chiudeva su quella che è stata per me parte della fine dell infanzia.
L'ho alzata da terra priva di sensi con tanta fatica, avevo sette anni, e lo ricordo ancora, ricordo tutto.
Ricordo ancora il freddo dell ovatta passata sotto il rubinetto della cucina che usai per rinvenirla,
Ricordo i suoi lamenti di dolore misti ai miei.
Ricordo le sue rassicurazioni ad occhi chiusi quando si è resa conto della mia paura, della mia disperazione.
Una mano che teneva il mio viso, e l'altra che teneva la sua testa stesa sul divano.
Ricordo la sua disperazione.
Ricordo il terrore nei suoi occhi.
Ricordo il terrore nei suoi occhi di tutta la vita vicina ad un uomo violento.
Le ho detto tante volte crescendo, "perché non vai via?"
E la risposta era sempre la stessa, “io lo faccio per voi, chi ci dà da mangiare...infondo, è un bravo uomo”.
Ed io cominciai ad ingrassare, a diventare largo, ingombrante, tanto da impedire alle braccia di mio padre, di farle tante volte del male, ma non riuscivo tutte le volte, ed allora, per non sentire il male, lo facevo a me stesso...perdendomi ogni volta.
“Chissà se stasera toccherà a te o a me”, esordiva verso ora di cena, l'ora in cui tornava.
Tante volte, per evitare di scoprire la risposta, la causavo.
La violenza in casa la respiravi, e non di certo si fermava alle botte.
Oggi sono un uomo, libero anche di non appartenere più a quel dolore.
Oggi, il mio pensiero va a tutte le DONNE, quelle a cui ogni uomo, sentendosene in diritto, ha torto anche un sol pensiero.
Mi rivolgo a voi da figlio di donna maltrattata, da uomo oggi che sa quanto vale un dolore.
Non fatelo per noi figli,
Non fatelo per la carriera,
Non fatelo per apparire,
Fatelo soltanto per Voi,
VI PREGO, ABBIATE IL CORAGGIO DI NON PERMETTERE A NESSUN UOMO DI CALPESTARVI L'ANIMA, VOI SIETE DONNE.
Luigi Leonardi
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Ma voglio ricordare tutte le povere donne picchiate e maltrattate da uomini di merda