Vaccata
Lachiavesegreta
20 Giugno 2021 - 6.043 visualizzazioniArtù sull'Etna (Mongibello)
Nei racconti di Gervasio e di Cesario una leggenda narra, rimandando necessariamente ad un'altra più antica, che Artù era capitato nell'Etna. Ora quei presupposti, quella leggenda più antica, noi li troviamo per l'appunto, almeno in parte, in un romanzo francese, la cui azione si svolge vivente ancora il re Artù.
Qui il Mongibello è una specie di regno fatato, dimora consueta di Morgana, sorella di Artù, e della numerosa famiglia di lei.
è quello che nei romanzi francesi del medio evo si chiama la féerie, il paese cioè o la città delle fate: c'estoit leur maistre chastel, dice il poeta, parlando di Morgana e delle sue compagne.
In esso Morgana conduce Floriant, figlio del re Elyadus di Sicilia, ucciso dal traditore Maragot, e ve lo fa educare.
Il luogo è assai piacente e ci si mena vita gioiosa: tra l'altro non ci si può morire. Floriant torna poi nel mondo, ma la buona Morgana, quando conosce ch'egli è presso a morire, lo attira di nuovo nell'incantato soggiorno, e ci fa venire anche Florète, moglie di lui. Artù ci verrà poi a suo tempo, come annunzia la stessa Morgana:
Li rois Artus, au defenir,
Mes frères i ert amenez.
Quant il sera a mort menez.
E una volta che Artù c'era venuto, ogni occasione era buona per fare che egli palesasse la sua presenza. Si capisce del resto come venutoci, egli dovesse diventare il personaggio principale, e far quasi dimenticare gli altri; e come la leggenda dovesse diventare più particolarmente la leggenda di Artù nell'Etna. E in fatti, nei racconti di Gervasio e di Cesario, Morgana non è neppur nominata; in quello del primo il monte è la curia di Artù: in quellodel secondo Artù è rappresentato come signore del monte.
In una assai strana poesia, appartenente, come pare, al secolo XIII, fue cavalieri, interrogati dell'esser loro da un misterioso personaggio, che si fachiamare gatto lupesco, rispondono:
Cavalieri siamo di Bretangna,
ke vengnamo de la montagna,
ka ll'omo apella Mongibello.
Assai vi semo stati ad ostello
per apparare ed invenire
la veritade di nostro sire,
lo re Artù k'avemo perduto
e non sapemo ke sia venuto.
Or ne torniamo in nostra terra
ne lo reame d'Inghilterra.
Qui, più che altro, si allude ad una certa credenza che Artù potesse essere nell'Etna, non si afferma che questi veramente ci sia. I cavalieri se ne tornano indietro senz'essersi potuti accertare del vero (e non sapemo ke sia venuto), e da tutto il passo traspare la solita incredulità italiana. Oltre che a quella credenza, vi è accennato, ma in modo indiretto, alla opinione che il re Artù dovesse tornare.
Da ciò che si è detto sin qui rimane provata, la esistenza, nei secoli XIII e XIV, di una vera e propria leggenda (non di una semplice immaginazione individuale), la quale poneva Artù nell'Etna, e rimane provato che la patria di questa leggenda era la Sicilia. Ma il tema non è per questo esaurito...
Nei racconti di Gervasio e di Cesario una leggenda narra, rimandando necessariamente ad un'altra più antica, che Artù era capitato nell'Etna. Ora quei presupposti, quella leggenda più antica, noi li troviamo per l'appunto, almeno in parte, in un romanzo francese, la cui azione si svolge vivente ancora il re Artù.
Qui il Mongibello è una specie di regno fatato, dimora consueta di Morgana, sorella di Artù, e della numerosa famiglia di lei.
è quello che nei romanzi francesi del medio evo si chiama la féerie, il paese cioè o la città delle fate: c'estoit leur maistre chastel, dice il poeta, parlando di Morgana e delle sue compagne.
In esso Morgana conduce Floriant, figlio del re Elyadus di Sicilia, ucciso dal traditore Maragot, e ve lo fa educare.
Il luogo è assai piacente e ci si mena vita gioiosa: tra l'altro non ci si può morire. Floriant torna poi nel mondo, ma la buona Morgana, quando conosce ch'egli è presso a morire, lo attira di nuovo nell'incantato soggiorno, e ci fa venire anche Florète, moglie di lui. Artù ci verrà poi a suo tempo, come annunzia la stessa Morgana:
Li rois Artus, au defenir,
Mes frères i ert amenez.
Quant il sera a mort menez.
E una volta che Artù c'era venuto, ogni occasione era buona per fare che egli palesasse la sua presenza. Si capisce del resto come venutoci, egli dovesse diventare il personaggio principale, e far quasi dimenticare gli altri; e come la leggenda dovesse diventare più particolarmente la leggenda di Artù nell'Etna. E in fatti, nei racconti di Gervasio e di Cesario, Morgana non è neppur nominata; in quello del primo il monte è la curia di Artù: in quellodel secondo Artù è rappresentato come signore del monte.
In una assai strana poesia, appartenente, come pare, al secolo XIII, fue cavalieri, interrogati dell'esser loro da un misterioso personaggio, che si fachiamare gatto lupesco, rispondono:
Cavalieri siamo di Bretangna,
ke vengnamo de la montagna,
ka ll'omo apella Mongibello.
Assai vi semo stati ad ostello
per apparare ed invenire
la veritade di nostro sire,
lo re Artù k'avemo perduto
e non sapemo ke sia venuto.
Or ne torniamo in nostra terra
ne lo reame d'Inghilterra.
Qui, più che altro, si allude ad una certa credenza che Artù potesse essere nell'Etna, non si afferma che questi veramente ci sia. I cavalieri se ne tornano indietro senz'essersi potuti accertare del vero (e non sapemo ke sia venuto), e da tutto il passo traspare la solita incredulità italiana. Oltre che a quella credenza, vi è accennato, ma in modo indiretto, alla opinione che il re Artù dovesse tornare.
Da ciò che si è detto sin qui rimane provata, la esistenza, nei secoli XIII e XIV, di una vera e propria leggenda (non di una semplice immaginazione individuale), la quale poneva Artù nell'Etna, e rimane provato che la patria di questa leggenda era la Sicilia. Ma il tema non è per questo esaurito...
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Buon pranzo 🍝🍷🤗