Vaccata
8 Marzo 2020 - 7.894 visualizzazioni
- Hai paura del Coronavirus? -
è questa la domanda che sempre più frequentemente mi viene posta.
Non mi fa paura il Coronavirus.
Mi fa paura chi ignora il potenziale pericolo di quella che poteva essere un'influenza ma che è diventata la più grossa emergenza sanitaria del nostro secolo. Mi fa paura chi si preoccupa di più per i bar e gli stadi vuoti che per gli ospedali pieni. Mi fa paura chi si lamenta per le scuole chiuse e svaligia i supermercati. Mi fanno paura le campagne promotrici in favore del turismo, “Italia, l'unico virus è la bellezza”. Mi terrorizzano gli studenti fuori sede che, cogliendo l'occasione delle università chiuse, rientrano al sud dalla famiglia. Mi terrorizzano gli aeroporti aperti e la sorveglianza sanitaria quasi inesistente al sud. Quel sud che “non rinuncerà mai a baci e strette di mano”, perché noi siamo immuni all'infezione, perché a noi non succede, quel sud orgoglioso per aver negato le degenze alla caserma Botta di Cefalù perché “danneggerebbe irreversibilmente la stagione turistica”. Avrei voluto piangere dalla disperazione quando ho visto la foto della Vucciria colma di ragazzi ammassati con spalvaderia e con senso di onnipotenza e non curanza, fieri del loro “Coronavino”. La Sicilia è ignara della reale dimensione del problema e questo mi fa paura, perché è là che vive la mia famiglia...
Scrivo da Parma, appena entrata in zona rossa. Questa settimana ho lavorato mediamente 12 ore al giorno, toccando con mano questa maxi-emergenza. Tutti noi, personale sanitario, stiamo dando il massimo, oltre le nostre forze, senza orari, senza pause. Lottiamo quotidianamente contro un nemico microscopico e poco conosciuto e lo facciamo come meglio possiamo. A noi non è concessa la quarantena, i dpi stanno finendo. Eppure siamo lì, sempre in prima linea, a coprire i nostri turni e quelli dei colleghi che si sono ammalati. Perché sì, anche i medici si ammalano e anche i rianimatori finiscono in rianimazione, da pazienti.
Il sorriso e forza non lo perderò mai, nè io e nè i miei colleghi, ma nessuno di voi immagina la fatica che si fa a respirare là dentro, non immaginate il sudore, la difficoltà nel dover guardare attraverso gli occhiali appannati, il caldo asfissiante. Ma continuo a farlo, lo faccio per voi, per le vostre famiglie, perché il mio lavoro è al servizio e tutela della vostra salute e sono fiera della divisa che indosso. Il nostro è uno sforzo disumano. A voi ne è richiesto solo uno minimo: state a casa, limitate i contatti, l'unica vera arma contro questo virus. Gli ospedali sono saturi, non ci sono più posti per salvare vite...
- Hai paura del Coronavirus? NO, ho paura della gente! -
Cronache di un Medico di Emergenza Territoriale 118 e Continuità Assistenziale. Dalla Red Zone è tutto
Tratto da una pagina Facebook
è questa la domanda che sempre più frequentemente mi viene posta.
Non mi fa paura il Coronavirus.
Mi fa paura chi ignora il potenziale pericolo di quella che poteva essere un'influenza ma che è diventata la più grossa emergenza sanitaria del nostro secolo. Mi fa paura chi si preoccupa di più per i bar e gli stadi vuoti che per gli ospedali pieni. Mi fa paura chi si lamenta per le scuole chiuse e svaligia i supermercati. Mi fanno paura le campagne promotrici in favore del turismo, “Italia, l'unico virus è la bellezza”. Mi terrorizzano gli studenti fuori sede che, cogliendo l'occasione delle università chiuse, rientrano al sud dalla famiglia. Mi terrorizzano gli aeroporti aperti e la sorveglianza sanitaria quasi inesistente al sud. Quel sud che “non rinuncerà mai a baci e strette di mano”, perché noi siamo immuni all'infezione, perché a noi non succede, quel sud orgoglioso per aver negato le degenze alla caserma Botta di Cefalù perché “danneggerebbe irreversibilmente la stagione turistica”. Avrei voluto piangere dalla disperazione quando ho visto la foto della Vucciria colma di ragazzi ammassati con spalvaderia e con senso di onnipotenza e non curanza, fieri del loro “Coronavino”. La Sicilia è ignara della reale dimensione del problema e questo mi fa paura, perché è là che vive la mia famiglia...
Scrivo da Parma, appena entrata in zona rossa. Questa settimana ho lavorato mediamente 12 ore al giorno, toccando con mano questa maxi-emergenza. Tutti noi, personale sanitario, stiamo dando il massimo, oltre le nostre forze, senza orari, senza pause. Lottiamo quotidianamente contro un nemico microscopico e poco conosciuto e lo facciamo come meglio possiamo. A noi non è concessa la quarantena, i dpi stanno finendo. Eppure siamo lì, sempre in prima linea, a coprire i nostri turni e quelli dei colleghi che si sono ammalati. Perché sì, anche i medici si ammalano e anche i rianimatori finiscono in rianimazione, da pazienti.
Il sorriso e forza non lo perderò mai, nè io e nè i miei colleghi, ma nessuno di voi immagina la fatica che si fa a respirare là dentro, non immaginate il sudore, la difficoltà nel dover guardare attraverso gli occhiali appannati, il caldo asfissiante. Ma continuo a farlo, lo faccio per voi, per le vostre famiglie, perché il mio lavoro è al servizio e tutela della vostra salute e sono fiera della divisa che indosso. Il nostro è uno sforzo disumano. A voi ne è richiesto solo uno minimo: state a casa, limitate i contatti, l'unica vera arma contro questo virus. Gli ospedali sono saturi, non ci sono più posti per salvare vite...
- Hai paura del Coronavirus? NO, ho paura della gente! -
Cronache di un Medico di Emergenza Territoriale 118 e Continuità Assistenziale. Dalla Red Zone è tutto
Tratto da una pagina Facebook
Leggi tutto...
Nessuno mi ascolta, ma dietro la facciata "D'Alessiodipendente" in Ypsigro si nasconde una persona divertente, ironica, graffiante e provocatoria.
Mi diverto a dargli risposte "a tema". Non è mai andato fuori dalle righe, non manca mai di rispetto a nessuno.... rivalutate i suoi scritti per quello che sono!
Per me è "forte"....... 😉
😍