Chiacchiera
6 Dicembre - 3.548 visualizzazioni
Caro Paolo,
mi è capitato sotto mano questo stralcio di intervista e volevo ringraziarti.
Perché a me le parole piacciono e quelle parole lì non le ho mai trovate.
Siamo pucciati in un mondo di persone che reputano lo studio, il titolo, il percorso una roba da sfigati, una cosa inutile, che serve solo se non si è di bell'aspetto e qualche volta mi sono chiesto come potrei rispondere a un ragazzo che mi chiede a cosa serve studiare se il mondo propone alternative ben più redditizie a sforzo zero o pressochè zero.
Perché poi si riduce a quello quando non si conosce, si riduce ai soldi che ti porti a casa, alla remunerazione ma non penso che si possa davvero considerare solo quello quando si fa una valutazione.
Hai parlato del valore di un percorcorso, dell'accetazione che per arrivare da qualche parte bisogna sudare un po' e forse anche il senso di ciò che si ottiene è dato anche da quanto lo abbiamo voluto.
Da quanto abbiamo faticato per ottenerlo.
Mi viene in mente una frase da Il Piccolo Principe:
"È il tempo che hai speso per la tua rosa che l'ha resa così importante"
Paolo credo che tu abbia colto un punto importante.
L'importanza della fatica.
Non è una roba da poco, è potente quel sudore che sia per lo studio o per un lavoro o per un risultato sportivo.
Quello che fai se è ciò che davvero vuoi fare ti colloca esattamente su una strada e quanto vuoi percorrere di quella strada indica esattamente quanto davvero ci tieni.
Mi è piaciuta la risposta e mi è piaciuto il garbo con cui l'hai infiocchettata che è un garbo che ti ho già visto sfoggiare in altre occasioni e che personalmente apprezzo molto.
Qunidi ti volevo ringraziare, Paolo.
Ho studiato, ho due lauree e non ne uso nemmeno una ma mi sa che in realtà le uso entrambe in modi probabilmente non convenzionali e non previsti dal mio piano di studi ma sicuramente imparare e imprecare dietro esami e professori qualcosa in me ha lasciato ed è qualcosa di potente.
Perché un po' quella pervicacia mi è nata lì tra i libri quando, per esempio, al corso di matematica uno il professore si presenta il primo giorno con un "facciamo un breve ripasso" e in dieci minuti snocciola tutta una serie di cose che io non avevo mai visto e fino ad allora ero convinto che il seno fosse solo una tetta.
Però mi ci sono messo a testa bassa e oggi, grazie anche a te, il perché probabilmente mi è più chiaro di quanto non lo fosse a quei tempi.
Quindi grazie.
Di cuore.
Però cambia giacca.
Manu
#manuscrivecose
mi è capitato sotto mano questo stralcio di intervista e volevo ringraziarti.
Perché a me le parole piacciono e quelle parole lì non le ho mai trovate.
Siamo pucciati in un mondo di persone che reputano lo studio, il titolo, il percorso una roba da sfigati, una cosa inutile, che serve solo se non si è di bell'aspetto e qualche volta mi sono chiesto come potrei rispondere a un ragazzo che mi chiede a cosa serve studiare se il mondo propone alternative ben più redditizie a sforzo zero o pressochè zero.
Perché poi si riduce a quello quando non si conosce, si riduce ai soldi che ti porti a casa, alla remunerazione ma non penso che si possa davvero considerare solo quello quando si fa una valutazione.
Hai parlato del valore di un percorcorso, dell'accetazione che per arrivare da qualche parte bisogna sudare un po' e forse anche il senso di ciò che si ottiene è dato anche da quanto lo abbiamo voluto.
Da quanto abbiamo faticato per ottenerlo.
Mi viene in mente una frase da Il Piccolo Principe:
"È il tempo che hai speso per la tua rosa che l'ha resa così importante"
Paolo credo che tu abbia colto un punto importante.
L'importanza della fatica.
Non è una roba da poco, è potente quel sudore che sia per lo studio o per un lavoro o per un risultato sportivo.
Quello che fai se è ciò che davvero vuoi fare ti colloca esattamente su una strada e quanto vuoi percorrere di quella strada indica esattamente quanto davvero ci tieni.
Mi è piaciuta la risposta e mi è piaciuto il garbo con cui l'hai infiocchettata che è un garbo che ti ho già visto sfoggiare in altre occasioni e che personalmente apprezzo molto.
Qunidi ti volevo ringraziare, Paolo.
Ho studiato, ho due lauree e non ne uso nemmeno una ma mi sa che in realtà le uso entrambe in modi probabilmente non convenzionali e non previsti dal mio piano di studi ma sicuramente imparare e imprecare dietro esami e professori qualcosa in me ha lasciato ed è qualcosa di potente.
Perché un po' quella pervicacia mi è nata lì tra i libri quando, per esempio, al corso di matematica uno il professore si presenta il primo giorno con un "facciamo un breve ripasso" e in dieci minuti snocciola tutta una serie di cose che io non avevo mai visto e fino ad allora ero convinto che il seno fosse solo una tetta.
Però mi ci sono messo a testa bassa e oggi, grazie anche a te, il perché probabilmente mi è più chiaro di quanto non lo fosse a quei tempi.
Quindi grazie.
Di cuore.
Però cambia giacca.
Manu
#manuscrivecose
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Orsoinpiedi: Augh!
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6 Dicembre alle ore 14:53 · Ti stimo · Rispondi
Barbyturiko: È la sete o la fame, di capire o cercare il perché di una cosa, quella sete quella fame, che ti tiene sveglio, attivo, presente, la curiosità che mai deve cessare perché se succede, il tuo motore si spegne, non arriva carburante....
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6 Dicembre alle ore 15:10 · Ti stimo · Rispondi
Orsoinpiedi: Barbyturiko come diceva il grande Shankara Acharia: "Non preoccupatevi: è tutto un'illusione".🤗
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6 Dicembre alle ore 15:22 · Ti stimo · Rispondi
Barbyturiko: Orsoinpiedi ..che resti fra noi...
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6 Dicembre alle ore 15:30 · Ti stimo · Rispondi
Patella: La fatica mentale traccia percorsi che possono essere utilizzati per molte altre cose
6 Dicembre alle ore 15:32 · Ti stimo · Rispondi
Barbyturiko: Orsoinpiedi Mi sa che siamo
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6 Dicembre alle ore 15:32 · Ti stimo · Rispondi